RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Scuola Diaz, il processo va avanti. A Berlino

Berlino, 22 novembre 2008

Scuola Diaz, il processo va avanti. A Berlino

Guido Ambrosino

Un pezzo della scuola Diaz, nell’accezione delle cicatrici lasciate da una notte di macelleria italiana (perché diciamo sempre «messicana», quando è di noi che si parla?), sta a Berlino. Tra i 93 ragazzi e ragazze, che lì avevano srotolato il sacco a pelo per pernottare, 45 venivano dalla Germania, e tra loro una ventina dalla città sulla Sprea. Espulsi dal nostro paese, a lungo sospettati di resistenza, violenza, possesso di bottiglie molotov, appartenenza al Blocco nero, grazie a un castello di false accuse, da accusati si sono trasformati in accusatori. Per loro la partita non è chiusa con la sentenza che ha assolto i capi della polizia, condannando a pene annullate dai condoni solo 13 agenti. Il processo lo continueranno senza toghe, con un lavorìo di controinformazione, con la precisa e competente trasmissione di dati ai grandi media, «contro lo stato italiano che, coprendo criminali in uniforme al suo servizio, si è reso corresponsabile del crimine».
Ieri la sezione berlinese di Supporto legale, le rete di assistenza giuridica nata a ridosso del G8 genovese, ha invitato giornalisti tedeschi e corrispondenti italiani a una conferenza stampa. A parlare anche per gli altri «compagni di Diaz» il politologo Jens Herrmann e Valeria Bruschi, da anni a Berlino dove insegna italiano, appena rientrati da Genova dove hanno assistito a una sentenza-suicidio per lo stato di diritto: «In quell’aula - dicono - c’era scritto che la legge è uguale per tutti.
A Genova non è più vero». Il deputato verde Hans-Christian Ströbele, uno dei primi a precipitarsi a Genova nel 2001 per capire cos’era successo e dare una mano ai malcapitati, ha messo a disposizione per la conferenza stampa il suo ufficio a Kreuzberg, quartiere dove ha vinto un mandato diretto, unico tra i Grüne tedeschi a prendere più voti dei candidati dei partitoni. Con lui è venuta l’avvocatessa Eva Lindenmaier, che dal 2001 segue le peripezie dei berlinesi-genovesi.
Non è facile per Lindenmaier spiegare ai giornalisti tedeschi le bizzarrie del nostro diritto, il gioco dei condoni o il meccanismo perverso che spesso fa scattare la prescrizione prima del grado definitivo di giudizio. In Germania il corso della prescrizione si interrompe con l’apertura di un’inchiesta, così che gli azzecagarbugli hanno assai meno interesse a protrarre quanto più possibile indagini e processi. Se anche in Italia si adottasse questo sistema, forse la durata dei processi si dimezzerebbe.
Per i tedeschi è anche difficile capire l’italica vigliacca perfidia con cui la polizia ha costruito false accuse basate su indizi manipolati: «A Genova - ricorda Ströbele - andai a parlare anche con l’allora questore Francesco Colucci. Confesso che rimasi perplesso a sentirlo parlare di bottiglie molotov, di agenti accoltellati, di mazze e bastoni occultati alla Diaz. Mai avrei immaginato che un funzionario potesse mentire così spudoratamente».
Per tornare alla sentenza, i berlinesi della Diaz si sentono offesi anche dalla pochezza degli indennizzi concessi: la base di partenza è di 5.000 euro, con somme maggiori per chi ha subito lesioni gravi o gravissime. «Ci hanno trattato come se fossimo rimasti coinvolti in un incidente stradale - dice Valeria - senza considerare affatto i traumi psicologici subìti, l’enorme fatica per seguire un processo, o due per chi come noi è passato anche per Bolzaneto, in un lingua ignota, i viaggi per le udienze in una città lontana». Ma resta anche la forza che viene dalle amicizie strette in questi anni. Soprattutto con i «fantastici» compagni del Supporto legale genovese.